Conciliazione obbligatoria per controversie civili

Entra in vigore uno dei piu' controversi provvedimenti in materia di giustizia civile: l'art. 5, primo comma, del decreto legislativo n. 28/2010, che prevede: Chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa a una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimentodel danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilita' medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicita', contratti assicurativi, bancari e finanziari, e' tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione.
Il decreto Milleproroghe ha posticipato l’entrata in vigore della obbligatorietà della mediazionecivile in materia di condomino e risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti.

Tuttavia, nelle restanti materie di cui alla disposizione richiamata, a decorrere da oggi, chi intende avviare una azione è tenuto ad esperire il tentativo di mediazione obbligatoria. L’obbligatorietà del tentativo responsabilizza tutti gli operatori della mediazione civile e commerciale.

I mediatori, gli organismi, il responsabile, e perché no, anche il personale delle segreterie degli organismi, si troveranno a fronteggiare, da oggi, un mondo nuovo non solo per loro, ma anche per l’utenza e per le categorie professionali (avvocati, commercialisti, consulenti del lavoro in primis) che normalmente si occupano dell’assistenza delle parti per la risoluzione dei conflitti.

Per tutti loro l’auspicio è che si colga il senso di questa disciplina, finalizzata a far scoprire un modo ulteriore, diverso, ed auspicabilmente, migliore di risolvere i conflitti giuridici.

Il più grande fallimento della mediazione civile e commerciale sarebbe quello di essere un onere inutile, dispendioso ed inefficace per la soluzione delle controversie, o peggio, causa di ulteriori ritardi e controversie.

Il legislatore ha voluto investire fortemente sulla professionalizzazione del servizio, chiamando chi intende svolgere l’attività di mediatore a formarsi e prepararsi ed aggiornarsi costantemente. I mediatori dovranno dimostrare serietà, imparzialità, competenza e sollecitudine per riuscire a costituire le basi della soluzione anche del singolo e più banale conflitto che devono gestire.

Gli organismi stessi dovranno dimostrare di saper gestire uno sforzo organizzativo immane per garantire serietà, efficienza e competenza ad una attività che è assieme professionale ed imprenditoriale e finalizzata alla soddisfazione degli interessi di tutte le parti coinvolte.

Occorrerà evitare di “abusare” degli strumenti che la disciplina pur concede ad organismo e mediatore, evitando nell’esercizio dell’attività, di prevaricare la volontà delle parti, per ottenere facili guadagni, perché essi sarebbero di breve durata.

Questo istituto è infatti il grande esordio di un sistema di gestione delle controversie che pone in concorrenza il settore pubblico e quello privato.

Nel settore pubblico gli Ordini degli Avvocati, le Camere di Commercio e gli altri Ordini professionali sono gli enti che il legislatore ha chiamato in causa quali attori principali della mediazione riconoscendo ad essi – come era pur ovvio che fosse – alcuni peculiari privilegi per l’iscrizione nel registro degli organismi. In questo settore si è da subito distinto lo spirito di iniziativa del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Commercialisti, che si è spinto fino al punto di costituire una Fondazione dedicata al sistema ADR.

Le organizzazioni degli avvocati ed i loro Ordini, pur chiamati dalla disciplina a svolgere un ruolo da primi attori, potendo istituire gli organismi, a semplice domanda, presso il luogo per eccellenza deputato alla gestione della giustizia – il Tribunale – senza alcun onere per tale vantaggio logistico, hanno guardato molto spesso con diffidenza all’istituto.

Non sono mancate, però, anche tra gli avvocati, forti iniziative di sostegno alla mediazione civile e commerciale, addirittura sfociate nella costituzione di associazioni, gruppi, organismi stessi.

La diffidenza è stata dettata dal timore di perdere sfere di competenza esclusiva (non è obbligatoria l’assistenza dell’avvocato in mediazione) e dai costi che il cliente deve affrontare per la mediazione, che inevitabilmente influiscono sul “budget” da stanziare per affrontare una controversia, con possibile rinunzia alla tutela di un diritto per i costi necessari.

L’entusiasmo è stato invece determinato dalla possibilità di assistere il cliente in un modo nuovo e diverso, che consente di trasformare il conflitto in confronto e quindi in costruzione di nuovi rapporti. Su questo punto dobbiamo fugare ogni equivoco.

La mediazione non costituirà una sterile riproposizione dei tentativi di conciliazione già visti che nessun successo hanno avuto.

L’estraneità del mediatore e della mediazione rispetto al processo potrà consentire alle parti di manifestare liberamente il loro punto di vista, senza timore che quanto emerso in mediazione possa influenzare chi poi giudicherà in caso di risoluzione contenziosa.

Parimenti chi svolge la mediazione lo fa per mestiere e non perché chiamato a questo compito incidentalmente nello svolgimento di altre funzioni (come avvenuto per esempio negli UPLMO), estranee alla conciliazione della controversia, rispetto alla quale non ha alcun interesse concreto. Il mediatore e l’organismo hanno un interesse alla conciliazione delle parti perché attraverso essa affermeranno, sul mercato, la loro capacità e la loro professionalità.

E’ la prima volta che la circostanza che si raggiunga o meno un accordo non produce un risultato “indifferente” per chi gestisce la composizione bonaria del conflitto. In questo, stimoli assolutamente positivi al settore pubblico possono venire dalla possibilità per i privati di essere presenti nel mercato della mediazione, sottoponendosi alla procedura di accreditamento ed iscrizione al registro degli organismo.

L’intervento del settore privato non deve però prestarsi a facili speculazioni, ma garantire, con la naturale attitudine del settore all’efficienza, la presenza del sistema alternativo della gestione dei conflitti in quei varchi lasciati vuoti (vuoi per inefficienza, vuoi per altri motivi) dal settore pubblico.

Questo costituisce un altro forte elemento di novità nel panorama della gestione dei conflitti, laddove il settore privato (pur sottoposto ad un rigido sistema di controllo) concorre con la stessa dignità del settore pubblico alla gestione del sistema alternativo di composizione dei conflitti.

L’augurio a tutti gli operatori del sistema giustizia, siano essi mediatori, avvocati, giudici, commercialisti, consulenti del lavoro e tutte le altre categorie coinvolte, è quello di trovare nella mediazione un sistema di affermazione di un nuovo approccio al conflitto, che sia regolato dalla suprema logica del buon senso e della reciproca comprensione delle ragioni e delle aspettative, anche rispetto a quegli interlocutori – e, almeno inizialmente, saranno tanti – che manifestano scetticismo verso l’istituto.

L’augurio a tutti gli utenti del servizio della mediazione civile e commerciale è invece quello di trovare in questo istituto un mezzo non solo per soddisfare i propri interessi, ma anche per costruirne e tutelarne di nuovi, anche in una logica di diversa interazione con l’avversario, destinato, in mediazione, a trasformarsi in “interlocutore”.

 

22/03/2011

Fonte: http://www.retearchitetti.it