Rapporto Censis sulla situazione dell’edilizia italiana

Oltre un chilometro di grattacieli, per la precisione 1,3. Non stiamo parlando di un grattacielo da record ma dell’altezza complessiva dei tredici progetti di edifici alti più di cento metri in progettazione o in corso di realizzazione in Italia, censiti dall’ultimo Rapporto annuale del Censis.

A scegliere questa soluzione abbastanza inusuale per il nostro Paese e che suscita spesso polemiche sul fronte paesaggistico, mentre sono indubbi i vantaggi dal punto di vista del consumo di suolo, della qualità degli edifici e dell’integrazione impiantistica, sono grandi gruppi economici finanziari, alcune amministrazioni pubbliche e c’è anche qualche iniziativa che riguarda l’edilizia privata, anche se i prezzi sono alti. Si tratta, è bene chiarirlo di iniziative iniziate prima della crisi e che in alcuni casi hanno dei problemi di mercato non indifferenti.


 

E se da un lato l’Italia punta verso l’alto, dall’altro è l’edilizia scolastica a franare, secondo il rapporto del Censis. Il 30% degli edifici scolastici è stato costruito prima del 1960, il 44% nel decennio tra 1960 e 1970, tutti anni in cui la cultura antisismica era ancora un eccezione e l’efficienza energetica era assolutamente sconosciuta. Quindi meno di un quarto delle scuole italiane ha meno di trenta anni e l’edilizia scolastica sarà uno dei campi nei quali investire maggiormente magari utilizzando sistemi finanziari innovativi come le aziende di costruzione che facciano anche le Esco, magari trovando la propria marginalità economica sugli interventi edilizi con l’efficienza energetica.

Per quanto riguarda le politiche territoriali il rapporto del Censis vede una crescita delle opere contestate con un aumento dalle 190 delle 2005, alle 311 del 2011. La stragrande parte delle contestazioni riguarda gli impianti energetici, il 62,5%, il cui 41,1% rinnovabili, il 31,4 i rifiuti e il 4,8% le infrastrutture viarie. E’ grande la sensibilità delle popolazioni che nel 51% dei casi si oppongono a opere solo progettate e non autorizzate. Segnale questo della necessità di un profondo ripensamento delle metodologie di comunicazione delle future opere che necessita sia un diverso approccio alla comunicazione, che spesso è inesistente, sia il recepimento delle istanze ambientali e sociali già dalla fase di progettazione.

Le contestazioni popolari sono il 36% delle proteste, ma crescono le iniziative dei politici locali, il 29% e delle istituzioni locali, 23%, dovute, quest’ultime alla frantumazione del quadro politico e al ramificarsi di quello amministrativo. Pesa molto, però, la mancanza di fiducia endemica verso i decisori cosa che si riflette sulle opere stesse. E proprio per questo motivo è illuminante la posizione dell’Italia materia.

Il nostro paese si posiziona al 43° posto su 139 Paesi per livello di competitività ed è penalizzata dalla bassa qualitá istituzionale 88° posto, mentre circa la fiducia nell’operato della classe politica è al 127° posto, nella trasparenza dei processi decisionali, al 135°, della presenza di favoritismi nelle decisioni pubbliche, 119° e dello spreco di risorse pubbliche 114°.

 

15/01/2013

Fonte:

http://www.tekneco.it

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