Come smaltire correttamente un impianto fotovoltaico giunto a fine vita?

Dal primo luglio 2012 sono entrate in vigore le norme per la raccolta a fine vita di celle e moduli e il loro smaltimento

Il fotovoltaico è una fonte energetica strettamente associata ai concetti chiave della sostenibilità, perché capace di produrre elettricità senza emettere emissioni di CO2 né consumare risorse naturali. Ma il fotovoltaico, così come tutte le altre tecnologie elettroniche, non è studiato per durare in eterno ma per un determinato periodo (in media 25-30 anni).

Una volta  terminata la fase produttiva i pannelli devono essere smaltiti correttamente altrimenti, se abbandonati in natura, possono comportare danni per l’ambiente. Il problema, forse, attualmente non è dei più sentiti, anche perché l’esplosione del fotovoltaico è avvenuta soltanto nell’ultimo quinquennio e, dunque, la stragrande maggioranza degli impianti installati sono ancora perfettamente funzionanti.

Secondo il consorzio PV Cycle, la maggiore organizzazione per lo smaltimento dei pannelli a  livello europeo, oggi solo l’1% di tutti i moduli fotovoltaici raccolti ha raggiunto il fine vita, il restante 99% è costituito da apparecchi danneggiati. Nei prossimi 10-15 anni, invece, si avranno grandi quantitativi di moduli fotovoltaici dismessi che dovranno essere opportunamente trattati.

Il fotovoltaico ha, inoltre, una percentuale altissima percentuale di recupero dei materiali, garantendo così indubbi vantaggi economici oltre che ambientali. Sono numerosi, infatti, i materiali recuperabili presenti in un impianto solare: il vetro di protezione, l’alluminio della cornice, il materiale semiconduttore attivo (che nella maggior parte dei casi è silicio cristallino), i costosi metalli costituenti gli elettrodi (come ad esempio l’argento) e ancora rame, plastica ecc.

Il vetro, in particolare, per imballare i sottili strati di materiale semiconduttore, costituisce circa l’80% del peso di un modulo standard. I materiali semiconduttori (nella grande maggioranza dei casi il silicio) rappresentano invece solo una piccola parte del peso di un modulo fotovoltaico, tra l’1 e il 2%, e la tendenza è quella di utilizzare strati sempre più sottili.

Oltre ai materiali principali, vetro e semiconduttori, i moduli fotovoltaici contengono anche metalli ferrosi e non ferrosi e plastica per connessioni, fili, telai o laminati. Circa il 10% del peso totale di un modulo fotovoltaico è costituito da metalli. In particolare l’alluminio e il rame sono attualmente usati nella produzione dei moduli fotovoltaici. Tutte queste componenti possono essere adeguatamente riciclate alla fine del ciclo di utilizzo dei pannelli: l’obiettivo dichiarato di PV Cycle è di recuperare l’80% di un modulo solare (in peso) entro il 2015 e l’85% entro il 2020, grazie allo sviluppo delle tecniche di trattamento.

Il problema dello smaltimento dei pannelli è ben noto all’Unione Europea: già nel 2006, con la direttiva sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee) e il regolamento relativo alla spedizione di rifiuti (1013/2006) è stato stabilito che, come qualsiasi altri tipo di rifiuto, i moduli fotovoltaici a fine ciclo di vita dismessi dovessero rispettare la legislazione europea in materia di rifiuti.

Il quadro è stato confermato e ampliato dalla nuova direttiva Raee entrata in vigore lo scorso 13 agosto, che fa esplicito riferimento ai moduli fotovoltaici. In poche parole, la normativa comunitaria prevede che produttori e importatori operanti sul mercato europeo debbano assicurare la raccolta e il riciclaggio corretti dei loro prodotti a fine ciclo di vita e relativo finanziamento. Gli operatori possono adempiere ai propri obblighi singolarmente o associandosi a un programma collettivo (come PV Cycle o altri esistenti a livello nazionale). La raccolta e il riciclaggio devono essere comunque gratuiti per l’utente finale o chiunque smaltisca apparecchiature elettriche ed elettroniche.

Inoltre, i produttori e gli importatori di questi prodotti sono tenuti a registrarsi in ciascuno Stato membro dell’Ue nel quale operano, e a riferire a organismi ufficiali la cifre di vendita specifiche del loro Paese. La direttiva comunitaria è stata recepita in Italia dal Decreto Ministeriale del 5 maggio 2011, ossia il quarto Conto energia. Il decreto, all’articolo 11.6 comma (a), stabilisce che per gli impianti che entrano in esercizio successivamente al 30 giugno 2012,  il soggetto responsabile dell’impianto è tenuto a trasmettere al Gse il certificato rilasciato dal produttore dei moduli fotovoltaici, attestante l’adesione del produttore stesso a un sistema o consorzio che garantisca, per conto del medesimo produttore, il riciclo dei moduli fotovoltaici utilizzati al termine della loro vita utile.

Il Gse, pochi giorni prima dell’entrata in vigore del provvedimento, ha chiarito diversi aspetti interpretativi con il terzo aggiornamento delle «Regole applicative per il riconoscimento delle tariffe incentivanti previste dal DM 5 maggio 2011».  La normativa si applica a «chiunque immetta sul mercato nazionale per la prima volta a titolo professionale i moduli fotovoltaici (fabbricante/importatore/distributore che vende con il proprio marchio)» e la mancata presentazione da parte del soggetto responsabile dell’impianto dell’attestato di adesione del produttore comporta la non ammissione alle tariffe incentivanti.

Le regole stabiliscono poi tutti gli obblighi a cui sono sottoposti i consorzi, definiti come «soggetto, partecipato e finanziato da uno o più produttori di moduli fotovoltaici, il quale, in nome e per conto dei propri aderenti, soddisfa i requisiti previsti».  Il Gse ha comunque istituito un periodo transitorio, (1° luglio – 31 dicembre 2012), per permettere ai Sistemi o Consorzi di adeguarsi al nuovo regime.

 

20/12/2012

Fonte:

http://www.tekneco.it

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