Infiltrazioni acqua verande e responsabilità condominio

Il condominio – vale a dire il complesso dei comproprietari delle parti comuni di un edificio individuate dall’art. 1117 c.c. e/o dal regolamento condominiale contrattuale – è il custode delle cose comuni. In tale qualità, ai sensi dell’art. 2051 c.c., la compagine risponde di tutti i danni provenienti dalle cose che ha in custodia, ossia dalle parti comuni, a meno che tali danni non siano dovuti a caso fortuito. Si tratta, a parere dell’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, di un’ipotesi di responsabilità obiettiva.

Ciò ha risvolti particolarmente importanti in relazione all’onere della prova, ossia agli obblighi processuali gravanti su chi richiede di essere risarcito d’un danno.



In tal senso, in una delle ultime pronunce in materia di responsabilità obiettiva, è stato affermato che “la responsabilità per i danni cagionati da  cose in  custodia  prevista  dall'art. 2051 cod. civ. ha carattere oggettivo e perché possa configurarsi in concreto è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno arrecato, senza che rilevi al riguardo la condotta del custode e l'osservanza o meno di un obbligo di vigilanza, in quanto la nozione  di custodia  nel caso rilevante non presuppone nè implica uno specifico obbligo di custodire analogo a quello previsto per il  depositario,  e funzione della norma è, d'altro canto, quella di imputare la responsabilità a chi si trova nelle  condizioni  di controllare  i rischi inerenti  alla  cosa,  dovendo  pertanto considerarsi custode chi di fatto ne controlla le modalità d'uso e di conservazione, e  non  necessariamente  il  proprietario o chi si trova con essa in relazione diretta.

Ne consegue che tale tipo di  responsabilità è esclusa  solamente dal caso fortuito (da intendersi nel senso più ampio, comprensivo del fatto del terzo e del fatto dello stesso danneggiato),  fattore che attiene non già ad un comportamento del custode (che é irrilevante) bensì al profilo causale dell'evento, riconducibile  non alla  cosa che ne è fonte immediata ma ad un elemento  esterno,  recante  i  caratteri  dell'imprevedibilità e dell'inevitabilità.

L'attore che agisce per il riconoscimento del danno ha, quindi, l'onere di provare l'esistenza del  rapporto  eziologico  tra la cosa e l'evento lesivo, mentre il custode convenuto,  per  liberarsi  dalla  sua  responsabilità, deve provare l'esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera soggettiva,  idoneo  ad  interrompere  quel nesso causale.  (Cass. Civ., Sez. 3, Sentenza n. 4279 del 19/02/2008)” (Trib. Urbino  3 giugno 2010).

Proprio su questo ultimo aspetto vale la pena concentrarsi per dare spiegazione al titolo di questo articolo.

Il fattore estraneo alla sfera soggettiva del custode, infatti, non è solamente un evento casuale imprevedibile ma anche il comportamento di un terzo che, rispetto alle cose comuni, può essere incarnato anche da uno dei condomini.

Insomma se il danno è provocato da uno dei condomini, il condominio va esente da responsabilità.
La Corte di Cassazione, recentemente, ha applicato questo principio ad un caso di danni da infiltrazione provenienti dalla veranda di uno dei condomini, affermando che la compagine non può essere chiamata a rispondere delle infiltrazioni provenienti con certezza da una parte di proprietà esclusiva e causate da difetti costruttivi della medesima (cfr. Cass. 28 gennaio 2013 n. 1883).

 

 

29/04/2013

Fonte:

http://www.diggita.it