Per il Piano Casa Veneto la ricostruzione con ampliamento, per essere a norma, deve avvenire su un’area collegata all’edificio demolito

Affinché la demolizione e ricostruzione con ampliamento prevista dall'art. 3 L.R. Veneto 14/2009 possa essere giudicata conforme a legge, il nuovo sedime deve serbare una relazione effettiva e concreta rispetto a quello precedente: la Circolare n. 1/2011 della Regione Veneto, infatti, esprime una regola operativa che ragionevolmente deve ritenersi discendere dalla formulazione della citata legge regionale.


 

Consiglio di Stato, Sezione IV, decisione n.3596 del 08/07/2013

Relatore :

Giuseppe Castiglia

Presidente :

Giorgio Giaccardi

 

Oggetto:

giudizio --> interesse ad agire --> titolo edilizio

Sintesi:

È legittimato a impugnare la concessione edilizia ad altri rilasciata chi, lamentando la lesione dell'interesse a godere della veduta, dimostri la titolarità di una costruzione in area limitrofa a quella di esecuzione dei lavori, anche se non abbia fornito la prova che questi ultimi abbiano cagionato un danno, costituendo questa una questione di merito irrilevante sulla condizione dell'azione.

Estratto:

« 1.3 Il Tribunale territoriale, dal canto suo, ha considerato il ricorso inammissibile perché, non deducendo una posizione sufficientemente differenziata, non sarebbe assistito da interesse e da legittimazione ad agire. Questa prospettazione non può essere condivisa. Che la regola sancita dall’art. 31, nono comma, della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (secondo cui “chiunque può prendere visione presso gli uffici comunali, della licenza edilizia e dei relativi atti di progetto e ricorrere contro il rilascio della licenza edilizia in quanto in contrasto con le disposizioni di leggi o dei regolamenti o con le prescrizioni di piano regolatore generale e dei piani particolareggiati di esecuzione”) non abbia inteso introdurre una forma di azione popolare, è affermazione troppo consolidata da non richiedere il sostegno di specifici precedenti. Secondo una giurisprudenza costante, la norma riconosce una posizione qualificata e differenziata solo in favore dei proprietari di immobili siti nella zona in cui la costruzione è permessa e a coloro che si trovano in una situazione di "stabile collegamento" con la stessa. Di conseguenza, è legittimato a impugnare la concessione edilizia ad altri rilasciata chi, lamentando la lesione dell'interesse a godere della veduta, dimostri la titolarità di una costruzione in area limitrofa a quella di esecuzione dei lavori, anche se non abbia fornito la prova che questi ultimi abbiano cagionato un danno, costituendo questa una questione di merito irrilevante sulla condizione dell'azione (cfr. per tutte, in termini, Cons. Stato, sez. VI, 15 giugno 2010, n. 3744). Varrà anzi la pena di ricordare, per completezza di esposizione, che la giurisprudenza del Consiglio di Stato, pur notoriamente incline a richiedere – in punto di legittimazione e interesse a impugnare strumenti urbanistici generali – requisiti più stringenti di quelli necessari con riguardo ai permessi di costruire, ammette i proprietari confinanti a ricorrere, ad esempio, contro il piano attuativo di insediamento edilizio interessante un'area con la destinazione urbanistica di "aree per servizi - parchi a verde attrezzato", con la realizzazione delle opere di urbanizzazione strumentali all'insediamento residenziale, quando la nuova destinazione urbanistica, al di là della possibile incidenza sul valore dei beni, possa apportare un pregiudizio in termini di sottrazione di visuale, luce ed aria (sez. IV, 13 novembre 2012, n. 5715; e si veda anche, da ultimo, sez. IV, 12 giugno 2013, n. 3257). Non vi era dunque alcuna ragione per negare legittimazione e interesse ad agire al signor D., che lamenta la perdita della vista del lago di Garda e del contorno montano, per effetto della nuova costruzione, e il deprezzamento che, come conseguenza di ciò, l’immobile di sua proprietà verrebbe a subire. La sentenza di primo grado, pertanto, deve essere riformata. »

 

Oggetto:

opere ed interventi --> piano casa --> Regione Veneto --> demoricostruzione

Sintesi:

Affinché la demolizione e ricostruzione con ampliamento prevista dall'art. 3 L.R. Veneto 14/2009 possa essere giudicata conforme a legge, il nuovo sedime deve serbare una relazione effettiva e concreta rispetto a quello precedente: la Circolare n. 1/2011 della Regione Veneto, infatti, esprime una regola operativa che ragionevolmente deve ritenersi discendere dalla formulazione della citata legge regionale.

Estratto:

« 2.La signora A. ha proceduto alla demolizione e alla ricostruzione del proprio edificio sulla base dell’art. 3 della legge della Regione Veneto n. 14 del 2009. Diversamente da quanto assume l’appellante, la modifica dell’area di sedime – che nel caso di specie ha indiscutibilmente avuto luogo – non richiedeva affatto un piano attuativo, che il comma 3 dell’art. 3 esige soltanto per incrementi di volume superiori a quello standard del 40 per cento. La questione che si pone, tuttavia, è quella dei limiti entro i quali la modifica dell’area di sedime possa ritenersi consentita. A questo proposito, la Regione e il Comune hanno adottato circolari interpretative, che sono bensì successive alla data del rilascio del permesso di costruire (3 agosto 2011) ma – come dimostra la stessa circostanza che la parte privata appellata ritiene di poterle richiamare a sostegno delle proprie tesi (pagg. 7 e 8 della memoria di costituzione – esprimono comunque regole operative, che ragionevolmente devono ritenersi discendere dalla formulazione della legge regionale. Secondo la circolare del Presidente della Giunta regionale n. 1 del 6 novembre 2011, nel caso di integrale demolizione dell’edificio, la nuova localizzazione “deve mantenere un rapporto con la sua localizzazione originaria, utilizzando almeno parzialmente il vecchio sedime”. La precedente circolare n. 4 del 29 settembre 2009 - certamente applicabile alla vicenda rationetemporis - sembrava, anzi, anche più restrittiva al riguardo, là dove stabiliva che “per quanto concerne la localizzazione dell’edificio ricostruito si evidenzia che esso, fatte salve le variazioni conseguenti all’ampliamento, deve mantenere un rapporto con la sua localizzazione originaria, con esclusione quindi della possibilità di ricomporre il volume in altra posizione, quantunque nella stessa area di proprietà”. Inoltre la stessa circolare – formalmente in relazione all’art. 10 della legge, ma con un’affermazione chiaramente destinata a valere per tutto il nuovo quadro normativo – precisava che “il concetto di <> implica che tale intervento debba avvenire sulla medesima area di sedime”. La deliberazione del Consiglio comunale n. 42 del 30 novembre 2011, poi, consente che “la nuova edificazione possa prevedere un diverso orientamento dislocazione (sic) del nuovo edificio qualora sulla base di specifiche analisi dimostrate si riscontri una migliore efficienza in termini energetici complessivi dell’edificio stesso. Tale possibilità può prevedere anche uno scostamento parziale dal nuovo edificio rispetto al sedime di quello demolito …”. Pare dunque evidente che, perché l’operazione complessiva (demolizione e ricostruzione) possa essere giudicata conforme a legge, il nuovo sedime debba serbare una relazione effettiva e concreta rispetto a quello precedente. 2.1 Ora, nella vicenda in questione, a parte che non è dato cogliere quelle specifiche analisi che - in termini di finalità dell’intervento e di utilizzazione di tecniche costruttive di c.d. bioedilizia - dovrebbero giustificare il nuovo orientamento dell’immobile, il rapporto tra vecchia e nuova area di sedime manca del tutto (secondo l’appello, non contestato, vecchio e nuovo edificio insisterebbero su mappali diversi: da 398 a 399) o, tutt’al più, appare del tutto formale (come appare dalla tavola allegata alla relazione tecnica allegata all’istanza di autorizzazione paesaggistica, vi sarebbe solo sovrapposizione di un modesto tratto di un muro perimetrale). In definitiva, il rapporto tra la precedente e la nuova costruzione si rivela del tutto labile, se non illusorio. E ciò, ad avviso del Collegio, è sufficiente per ritenere – in coerenza, si ripete, con gli orientamenti della Regione e dello stesso Comune – che, nella fattispecie, non si sia trattato di demolizione e ricostruzione (nel senso voluto dalla legislazione regionale), ma di abbattimento e traslazione ex novo su suolo diverso da quello originario. Tanto basta per concludere nel senso dell’illegittimità del permesso di costruire oggetto del ricorso, che deve pertanto essere annullato. »

 

06/09/2013

 

Fonte:

http://www.urbium.it

 


 

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