Dossier con valutazione efficienza energetica patrimonio edilizio italiano

Come si comporta il patrimonio edilizio italiano esistente per quanto riguarda l’efficienza energetica? Questa è la domanda che si è posta Legambiente andando letteralmente a caccia, grazie a una termocamera in grado di rilevare le dispersioni termiche dall’esterno, degli sprechi energetici. Sono stati 200, in 21 città, gli edifici testati sul campo dall’associazione ambientalista che ha pubblicato i risultati dell’indagine in un corposo dossier dal titolo “Tutti in Classe A”.

Con la propria indagine Legambiente ha voluto accendere i riflettori sui consumi energetici in edilizia. Un campo i cui numeri sono poco noti, probabilmente perché si tratta di consumi frammentati sul territorio e spalmati su archi temporali molto lunghi e ai quali l’utente finale è ormai abituato. Eppure il settore è importante.


 

Nel decennio appena trascorso l’edilizia ha avuto il trend dei consumi maggiore in assoluto, arrivando a toccare il 53% di quelli elettrici e il 35% di quelli complessivi. Un’importanza che è ben chiara all’Europa che ha messo a punto da tempo una strategia molto aggressiva nei confronti dei consumi energetici nel settore dell’edilizia. Già la direttiva 2002/91/CE ha introdotto da tempo l’obbligatorietà della certificazione energetica per gli immobili di nuova costruzione e nella compravendita di quelli esistenti, ma con la nuova direttiva 2010/31/CE Bruxelles si spinge oltre, imponendo una transazione radicale poiché dal 2019 tutti i nuovi edifici pubblici realizzati negli Stati membri e dal 2021 quelli nuovi privati che dovranno essere a “zero consumo fossile” poiché le uniche fonti ammesse nel bilancio energetico saranno quelle rinnovabili. Si tratta di misure che oltre a diminuire i consumi energetici sono inserite in maniera strutturale nelle misure dell’Unione europea per il contenimento delle emissioni di gas serra.

Costi minimi

«Oggi non esiste alcuna ragione economica o tecnica che possa impedire che tutti i nuovi edifici siano progettati e costruiti per essere in Classe A di certificazione energetica», afferma Legambiente. Ed effettivamente i dati sembrano dare ragione all’associazione ambientalista. Gli extra costi per realizzare un appartamento in classe A sono tra il 5 e il 10% e se consideriamo il fatto che il costo di costruzione è in media di 1.000 euro a metro quadro con l’edilizia tradizionale ecco che ci ritroveremmo a 1.100 euro a metro quadro per un immobile in classe A.

Se questo extracosto fosse ribaltato in maniera secca sul prezzo finale per un appartamento di 100 metri quadri avremmo una cifra totale relativa all’efficienza energetica di 10.000 euro. Considerando una bolletta media di 2.000 euro l’anno per il raffrescamentoriscaldamento per un immobile in classe G e che l’importo per un immobile in classe A di pari dimensione può scendere a 700 euro l’anno, appare chiaro il fatto che l’ammortamento dell’extracosto avviene in pochi anni, dopo i quali c’è solo il risparmio: per decenni.

«E a dimostrare, se ce ne fosse ancora bisogno, di come questa strada convenga è anche il valore di mercato e l’appetibilità di tali abitazioni – prosegue Legambiente –. E per questo ha senso denunciare i troppi edifici che continuano a essere progettati e costruiti male». Le intenzioni del rapporto, però, non sono solo quelle di “mettere in croce” gli edifici non efficienti, ma anche di rendere noto il comportamento energetico degli edifici virtuosi, così come quello di quelli più vecchi, ma riqualificati.

Fatto quest’ultimo fondamentale visto che in Italia ormai le nuove edificazioni rappresentano meno del 2% del patrimonio esistente ogni anno – percentuale destinata a scendere per la crisi e per la sempre maggiore attenzione al consumo del suolo – e sarà questa di sicuro una delle maggiori pratiche, per quanto riguarda l’edilizia nel Bel Paese.

«Vogliamo incalzare governo, regioni e comuni affinché accompagnino con regole chiare e controlli la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio – spiega Edoardo Zanchini, vice presidente di Legambiente –. Dopo i ritardi e gli ostacoli posti nei confronti della certificazione degli edifici ora si deve cambiare passo. Occorrono controlli veri e indipendenti sugli edifici, e si devono aumentare progressivamente le prestazioni energetiche e il contributo delle fonti rinnovabili, perché è possibile ridurre fino ad azzerare i consumi delle case in cui viviamo. Scegliere questa strada è la migliore risposta alla crisi economica e per rilanciare il settore delle costruzioni e una battaglia nell’interesse dei cittadini che hanno il diritto di abitare in case a bollette zero».

Osservazione ampia

L’analisi termografica fatta da Legambiente ha riguardato sia gli edifici costruiti nel dopoguerra, sia altri più recenti, ma sono stati messi “sotto torchio”anche quelli certificati di Classe A e quelli ristrutturati. Sono stati analizzati 91 edifici costruiti dal 2000 in avanti, anno dopo il quale la normativa europea aveva già prodotto tutti gli elementi necessari in materia di efficienza energetica.

E il risultato non è stato confortante. Quasi tutti questi immobili sono «nuovi già vecchi» e hanno problemi evidenti, si legge nel rapporto. Gli stabili di Villaggio Olimpico di Torino, della Giudecca a Venezia, della periferia di Bari, del complesso Porta Nuova di Pescara e del quartiere Bufalotta a Roma «ravvisano problemi di elementi disperdenti, con distribuzione delle temperature superficiali estremamente eterogenee».

Ma non solo, «ciò succede anche per edifici che si promuovono come “biocase” o a basso consumo energetico. La conseguenza è che si hanno temperature più elevate del dovuto d’estate e più fredde d’inverno, con disagio e bollette più care», afferma Legambiente. Ciò conferma il fatto che a buone prestazioni energetiche corrisponde non solo una buona scelta dei materiali, ma anche una buona posa in opera che non crei, nonostante i materiali, dispersioni e ponti termici. É necessario, quindi, certificare l’effettiva classe energetica non solo in base ai materiali impiegati e alle tecniche adottate, ma con una vera prova sul campo.

Ma la Classe A ha anche molti ottimi esempi. Il Kondominium Rosenbach a Bolzano, gli immobili in via cittadella a Firenze, in via Lumignacco a Udine o in località Fontana a Perugia, mostrano un comportamento omogeneo delle facciate e l’assenza di ponti termici significativi, mentre negli stessi sono sfruttati sia l’esposizione dell’edificio, sia i materiali delle diverse facciate, per sfruttare al meglio la radiazione solare, minimizzando i consumi energetici per il condizionamento invernale.

Stelle poco efficienti

Ma la vera sorpresa arriva dagli edifici progettati da architetti di fama internazionale, costruiti negli ultimi dieci anni. Le termografie realizzate su edifici costruiti a Milano e Alessandria da Fuksas, Krier e Gregotti, infatti, all’analisi a infrarossi presentano risultati simili a quelli di altri edifici recenti e di firme meno prestigiose, con difetti nelle superfici perimetrali ed elementi disperdenti nelle strutture portanti. «Se in tutti e tre gli edifici analizzati è chiara l’impronta architettonica che si voleva proporre – prosegue Zanchini – è invece da rivedere completamente l’attenzione all’efficienza energetica. Le regole previste dalle direttive europee per l’isolamento degli edifici valgono per tutti, e anche le archistar devono studiare se vogliamo tutti contribuire a migliorare la qualità dell’edilizia italiana».

Ma il vero campo d’intervento è quello degli edifici costruiti nel secondo dopoguerra nei quali vivono la maggior parte degli italiani. Le 89 termografie realizzate su questa tipologia di edifici hanno evidenziato difetti di dispersione energetica che erano prevedibili in immobili costruiti spesso di fretta, con materiali scadenti e poca attenzione al risparmio energetico.

Ma a dimostrare che migliorare le condizioni di queste abitazioni è possibile sono le termografie effettuate su edifici di Pescara, Firenze e Pesaro nei quali sono stati realizzati azioni di isolamento attraverso il più raro, e costoso, tra gli interventi: il cappotto termico. Quest’ultimo dato è a riprova del fatto che il vero, ed enorme, mercato dell’efficienza energetica edilizia sarà quello della riqualificazione dell’esistente, che però per svilupparsi in maniera adeguata necessita di una maturità degli operatori nella proposta, di una solida comunicazione che convinca gli utenti finali e di alcuni anni ancora d’incentivi, come il 55%, che accompagnino la trasformazione sia della domanda, sia dell’offerta.

Se si verificheranno queste condizioni tra qualche anno potremmo ritrovarci con un patrimonio edilizio meno energivoro, con indubbi vantaggi sulla capacità di spesa delle famiglie, ma anche con un’industria manifatturiera in grado di competere nella fornitura di materiale per l’ecoefficienza a livello mondiale. Insomma da qualsiasi lato lo si guardi lo sviluppo del settore dell’efficienza energetica nell’edilizia offre benefici, non solo alla bolletta degli utenti e all’ambiente, ma anche al sistema Paese.

 

08/01/2013

Fonte:

http://www.tekneco.it

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